Spreco di farmaci: prospettive e opportunità
Lo spreco di farmaci invade le nostre case, ogni giorno. In Italia, infatti, ogni anno gettiamo nel cestino della spazzatura, in media, un chilo di medicinali. Confezioni integre e mai aperte, acquistate con compulsione e finite negli armadietti fino alla scadenza: secondo il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) il 40% dei farmaci conservati dalle famiglie italiane ha superato il limite di validità e il 30% di questi sprechi è dovuto a confezioni “squilibrate” rispetto alla terapia (gli esperti del CNB evidenziano come la maggioranza dei farmaci confezionati in blister spesso contenga un numero di compresse superiore o inferiore rispetto al normale ciclo terapeutico per cui viene impiegato). I medicinali che finiscono nella spazzatura rappresentano un doppio spreco, sia per il valore in sé dei prodotti non utilizzati, sia per i costi di raccolta e smaltimento, effettuato questo generalmente in inceneritori per rifiuti speciali pericolosi (Rapporto Ispra). Lo spreco totale di farmaci in Italia ammonta a circa 8 miliardi di euro annui, un danno economico enorme, che l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha deciso di affrontare e avviare un progetto che, se dovesse andare in porto, rivoluzionerebbe certamente il nostro modo di produrre, prescrivere, dispensare e infine assumere un farmaco. Il progetto, infatti, si basa sulla produzione monodose dei farmaci e su una personalizzazione delle dosi in rispetto al bisogno effettivo del paziente. Studiare percorsi per il monodose è previsto dal documento della governance farmaceutica: un gruppo di lavoro interno all’Agenzia Italiana del Farmaco sta raccogliendo informazioni sulle varie esperienze a livello internazionale. Quindi mentre in Italia si prepara il terreno per dare avvio alla sperimentazione, il farmaco monodose è già realtà negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Germania, mentre altri Paesi hanno avviato la fase sperimentale. A queste nazioni si guarda per raccogliere informazioni ed esperienze, analizzando l’intera filiera che va dalla produzione, alla vendita fino al consumo dei farmaci.
Negli Stati uniti la vendita in forma “sfusa” dei farmaci invece è avviata da tempo, e sulla carta, in effetti, il sistema è conveniente: il farmacista legge il dosaggio riportato sulla ricetta, preleva le pillole con il principio attivo prescritto, le versa su un vassoio e con un conta-pillole le trasferisce in un apposito contenitore, che consegna al paziente dopo averlo etichettato (negli Usa si chiama “pour and count”, versa e conta). Al malato, in sostanza, arrivano soltanto il numero di dosi che dovrà effettivamente consumare. Diverse ricerche però condotte dall’Università della Florida prima, e dall’Università di Philadelphia poi, hanno messo in discussione il vantaggio della dispensazione “sfusa”: rispetto alla dispensazione in blister, tale modalità aumenta il rischio di errori e costringe il farmacista a sprecare tempo che potrebbe invece essere rivolto al consiglio o all’aderenza terapeutica. Inoltre, quando si raffrontano tempo, costi, aderenza terapeutica e rischi di contraffazione, la dispensazione tramite confezioni blisterate si rivela più vantaggiosa per il paziente, sotto tutti gli aspetti.
La Federfarma, perciò, ha proposto non tanto la dispensazione “sfusa” all’americana quanto piuttosto alla ripartizione in farmacia per dosi unitarie, ossia il frazionamento delle confezioni in pillolieri blisterati. Gli sprechi dovuti a mancanza aderenza si ridurrebbero nettamente e si eviterebbero le derive della modalità bulk. Una seconda soluzione proposta per ridurre il costo dello smaltimento dei farmaci è il progetto Recupero Farmaci Validi non scaduti. All’interno delle farmacie che aderiscono all’iniziativa, sono posizionati appositi contenitori di raccolta facilmente identificabili in cui ognuno, assistito dal farmacista che garantisce la correttezza dell’operazione, può donare i medicinali di cui non ha più bisogno. In generale bisognerebbe adottare una legislazione per monitorare e controllare lo smaltimento dei farmaci scaduti. Al giorno d’oggi, la legislazione dell’UE obbliga gli Stati membri a smaltire i farmaci inutilizzati attraverso metodi adeguati. Tuttavia, rimane un livello di vaghezza e ambiguità su come applicare e condurre questo compito. Nel caso di Belgio, Italia, Grecia e Norvegia, ad esempio, la restituzione in farmacia dei farmaci non utilizzati è obbligatoria e richiesta dalla legge. Mentre in Austria, Croazia, Ungheria, Irlanda, Lettonia, Lussemburgo, Francia e Portogallo, i prodotti farmaceutici non utilizzati possono essere riportati in farmacia o in un centro di riciclaggio. Addirittura, la FDA ha pubblicato una linea guida per lo smaltimento sicuro dei farmaci a casa.
Si può affermare quindi che manca un approccio globale e vincolante al problema. In tale ottica è urgente adottare uno sforzo collaborativo da parte delle autorità legislative, delle aziende farmaceutiche e dei pazienti. In particolare, le aziende farmaceutiche dovrebbero considerare, in primo luogo, l’equilibrio tra produzione e consumo, poi estendere la data di scadenza del farmaco utilizzando test di stabilità innovativi e sensibilizzare i pazienti sulle corrette pratiche di smaltimento.